C’è attenzione, da parte del Parco Nazionale di La Maddalena, sulla popolazione di capre dell’isola di Caprera, dopo le dichiarazioni del dicembre scorso, di Aldo Luigi Manunta, direttore generale dell’AARS – Associazione Allevatori della Regione Sardegna, che definì, nel corso del convegno dal titolo “Il Parco racconta”, la capra di Caprera, “unica, nel panorama nazionale”.
“Con l’Agenzia Agris Sardegna e l’Università di Milano – affermò Manunta – abbiamo catturato 9 soggetti facendo dei prelievi ematici per vedere, dal punto di vista genetico, dove si collocano queste capre; e dai primi risultati, è venuto fuori che questa popolazione caprina si pone in una via intermedia tra la capra di Montecristo, che rappresenta la capra selvatica e quelle che sono presenti oggi in Italia e quindi allevate in Sardegna ma sono anche abbastanza distanziate dalle popolazioni caprine attualmente depositate presso le banche genetiche. Questo apre importanti interrogativi sull’origine di queste capre”.
Il Parco nazionale, per saperne di più, ha messo dei soldi a bilancio, per poter “proseguire i prelievi su altri esemplari, per avere dati almeno su una ventina di esemplari, per determinare in modo rigoroso e scientifico se si tratti effettivamente di una nuova specie”, ha affermato Giulio Plastina, direttore dell’ente di via Cesare. E ciò sarà realizzato in collaborazione con Agris, l’Università di Milano e l’Associazione degli Allevatori Sardi. Una popolazione caprina che sarebbe superiore alle 300 unità, più numerosa di quella attuale di ibridi di cinghiale, in netto regresso in seguito ai recenti abbattimenti con carabina e alle catture con gabbie.
“Queste capre non sono arrivate a Caprera di recente”, prosegue il direttore Plastina, com’è avvenuto per gli ibridi di cinghiale, che sono stati immessi a fine anni 80 ma sono lì “da tempi probabilmente anteriori alla presenza di Garibaldi nell’isola; ci sono infatti sui racconti dai quali emerge che queste c’erano già e avevano caratteristiche uniche. Garibaldi catturò alcuni di questi esemplari che dopo qualche giorno liberò, perché non sopportava vederli rinchiusi. Senza dimenticare che in tempi precedenti c’è stata la presenza dei pastori corsi che sicuramente avevano delle capre”. A questo c’è poi da aggiungere che probabilmente Garibaldi, che “importava” a Caprera da tutto il mondo, flora e fauna, ne avesse acquistato o gli fosse stato donato (spesso accadeva da parte di ammiratori e ammiratrici), qualche esemplare, determinando poi, con gli incroci, quella varietà che ha fatto affermare, al direttore dell’AARS, essere quella di Caprera “unica, nel panorama nazionale”. (CR)